L’osteoartrosi (OA) è, ad oggi, una delle maggiori cause di “anni vissuti con disabilità” a livello mondiale. Altamente prevalente in popolazioni di entrambi i sessi di età pari o superiore ai 50 anni, è destinata a diventare un crescente problema di salute pubblica, almeno a livello assistenziale.

L’approccio terapeutico si avvale di tradizionali terapie farmacologiche e di trattamenti non farmacologici. Fra questi ultimi la fangobalneoterapia (BT) è una delle terapie complementari più frequentemente utilizzate nella gestione dell’OA in Europa, Giappone, Turchia e Israele con evidenze di efficacia. Eppure, nonostante la lunga storia e popolarità, la BT è ancora occasione di dibattito e il suo ruolo nella moderna medicina non ancora valorizzato e/o riconosciuto, anche in ambito di studi clinici.

Se ne è parlato a “The 73° General Assembly and International Scientific Congress of the World Federation of hydrotherapy and climotherapy (FEMTEC). Balneology in changing societies, multilateral approach to health care and well-being” (Castel San Pietro, 3-6 Novembre 2022).

Non solo una questione clinica

L’OA rappresenta un problema emergente anche di tipo socio-economico. I dati del Global Burden Disease mostrano un incremento nella prevalenza della patologia pari a 113% tra il 1990 e il 2019, con un balzo da 247.51 milioni di soggetti interessati ai 527.81 a distanza di 30 anni. Numeri che posizionano l’OA al 17° posto fra le 369 patologie causa di maggiori danni per la persona. Ancora il rapporto mostra una crescita del 114% in termini di anni vissuti con disabilità nel medesimo arco di tempo.

«Ciò è dovuto a due ordini di fattori – spiega la professoressa Antonella Fioravanti, Unità di Reumatologia, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, Policlinico Lescotte, nonché Presidente dell’OMTh (Organizzazione Mondiale del Termalismo) e vice presidente ISMH (International Society of Medical Hidrology and Climatology) – i quali rappresentano anche i maggiori trigger per l’OA: l’allungamento della durata media di vita e l’incremento dell’obesità. L’OA è la patologia che ha la più alta percentuale, pari al 29%, di interventi di tipo termale a livello nazionale, presumibilmente anche internazionali».

Esiste un fondamento scientifico, un razionale che giustifichi il ricorso a questo tipo di terapia e quindi le spese individuali o a carico di diversi sistemi sanitari nazionali, associate? Il nodo è cruciale: gli studi di letteratura condotti per stimare l’efficacia clinica, il meccanismo di azione, e soprattutto il rapporto costo-efficacia sono ancora scarsi e in larga misura di bassa qualità.

Efficacia clinica

Diversi studi clinici randomizzati e una metanalisi che ha coinvolto oltre 1800 pazienti tesi a definire efficacia e tollerabilità della BT in pazienti con patologia, sembrano attestare effetti benefici della BT su dolore, funzione e qualità della vita. «Il valore aggiunto – prosegue Fioravanti – è dato dalla durata dell’efficacia della fango-balneoterapia, mantenuta nei 9 mesi successivi all’interruzione del trattamento: un esito e una persistenza non associabile a alcun tipo di intervento/terapia farmacologica».

Meccanismi di azione

Nuove evidenze arrivano da uno studio preclinico su modelli murini in cui è stata indotta la OA: oltre all’efficacia delle differenti modalità della BT sulla riduzione del dolore, infiammazione e miglioramento della mobilità, è stato possibile osservare anche la riduzione dell’espressione di enzimi pro-infiammatori e marcatori di danno da stress ossidativo.

«Le evidenze – chiarisce la professoressa – attestano l’effetto analgesico del fango e del bagno termale legato non soltanto, come si riteneva, a un effetto cancello, ma anche alla stimolazione di alcuni mediatori. Ovvero la fango-balneoterapia è in grado di agire su numerosi fattori e mediatori del processo osteoartrosico: dalle citochine pro-infiammatorie, alle adipochine proflogistiche, alla modificazione di un patten di miRNA (microRNA). Ancora. diversi studi in vitro che hanno analizzato gli effetti potenziali dell’acqua minerale, nel suo complesso o di un elemento minerale, fanno osservare effetti antinfiammatori, antiossidanti, e proprietà condroprotettive in colture di cartilagine, sinoviociti e condrociti con OA. Tali dati sono promettenti e qualificano la BT come un possibile efficace approccio complementare nella gestione dell’EA».

Qual è dunque il meccanismo di azione delle terapie termali? Non è possibile definirlo con certezza a causa della difficoltà a distinguere gli effetti legati al calore da quelli dipendenti dalla composizione minerale del mezzo di cura termale, così come è difficile discernere l’effetto legato al mezzo farmacologico dall’effetto placebo del soggiorno termale. «I progressi negli ultimi anni in ambito di trattamenti termali – continua l’esperta – sono stati sensibili, legati all’introduzione di nuove metodiche, di nuovi modelli di tipo preclinico, a vantaggio di un percorso più scientifico della cura/medicina termale. Tuttavia i lavori di tipo clinico presentano ancora alcune criticità, a partire dalla bassa qualità metodologica legata ad esempio alla selezione della casistica, all’omogeneizzare dei tipi di intervento, dei parametri clinici, del follow-up. In questo ambito si dovrà ancora lavorare».

Analisi costo-beneficio

Gli studi di valutazione costo-efficacia delle terapie termali sono scarsi, ma tutti fanno evincere un profilo economico favorevole, come dimostra l’unico lavoro condotto presso le Terme di Chianciano in pazienti affetti da OA del ginocchio per un periodo di osservazione di 12 mesi, che ha fatto seguito al Progetto Naiade, teso a rilevare i miglioramenti delle cure termali. «Lo studio che ha presentato una valutazione dei costi diretti e una analisi di costo-benefico della fangobalneoterapia in questa classe di pazienti – conclude Fioravanti – attesta una spesa annuale fra coloro in trattamento con le abituali cure ambulatoriali più fangobalneoterapia pari 302 € vs 975 € in pazienti sottoposti solo a cure ambulatoriali. Ciò significa che il trattamento termale associato a alle cure tradizionali induce un risparmio per il Sistema Sanitario Nazionale di 672€ annuo procapite».