Non si può parlare di un microbiota del sangue vero e proprio, tuttavia un recente studio pubblicato su Nature Microbiology, sembrerebbe far rilevare che il sangue, ritenuto sterile per sua natura, possa in qualche caso in soggetti sani presentare una popolazione microbica. Questa avrebbe caratteristiche individualizzanti, cioè non riferite a una comunità microbica condivisa.

Tale informazione potrebbe essere utile per lo sviluppo, ad esempio, di test finalizzati a contenere il rischio di infezioni in caso di donazione del sangue o per la gestione di specifiche patologie.

Sterile al 100%

Non è così o potrebbe non esserlo nella totalità dei casi, almeno quando si parla di sangue. Recenti studi avrebbero dimostrato che sebbene il maggior ingresso di batteri nel flusso sanguigno avvenga da una fonte esterna (un accesso da una ferita ad esempio o durante le pratiche di igiene quotidiana come lavarsi i denti), per cause ancora da chiarire del tutto anche soggetti sani potrebbero essere portatori di una popolazione di microrganismi circolanti nel flusso ematico.

L’evidenza emerge da una ricerca (No evidence for a common blood microbiome based on a population study) condotta dalla collaborazione del University College London (UK) e della National University of Singapore su campioni di sangue di poco meno di 10 mila persone. Nella maggior parte delle indagini, il sangue è risultato “puro e pulito”, ma parallelamente i ricercatori, tenuto conto delle possibili contaminazioni, hanno anche evidenziato nella popolazione sana 117 specie microbiche, alcune delle quali avevano firme del DNA di replicazione microbica, più tipicamente presenti nel microbiota intestinale (n=40), orale (n=32) o cutaneo (n=18).

Cosa è stato osservato

Nessuna specie microbica è stata rilevata nell’84% degli individui, mentre il resto aveva solo una mediana di una specie e che meno del 5% dei partecipanti allo studio condivideva le stesse specie microbiche, escludendo dunque la possibilità di definire o parlare di un “microbioma del sangue” o “microbioma circolante”. La specie microbica più comune nei campioni di sangue era riferibile a Cutibacterium acnes, un patogeno correlato all’acne, tuttavia presente solo nel 4,7% degli individui, ulteriore conferma che sfata l’esistenza di una o più specie “core” comuni tra individui sani. 

Conclusioni

I dati emersi dallo studio sembrano fare desumere che i microbi possono occasionalmente entrare nel flusso sanguigno da altri siti del corpo senza causare malattie, ovvero i batteri sono rilevabili nel sangue solo in rare occasioni, non ne sono un componente regolare. Dunque, le evidenze non supportano l’ipotesi dell’esistenza di un microbiota sanguigno condiviso.

Tali informazioni dovranno essere avvalorate da altri studi scientifici, tuttavia mettono in luce già alcune potenzialità: la possibilità di creare test specifici per contenere il rischio di infezioni ad esempio in caso di donazioni di sangue, ma anche di indagare l’eventuale presenza di batteri nel sangue di pazienti con condizioni croniche, come il tumore o il diabete, e la loro possibile associazione con la gravità e la progressione della malattia.

Se tali evidenze trovassero conferma è possibile pensare allo sviluppo di interventi basati sul microbiota per patologie specifiche.

Fonte:

  • Tan CCS, Ko KKK, Chen H, Liu J, Loh M; SG10K_Health Consortium; Chia M, Nagarajan N. No evidence for a common blood microbiome based on a population study of 9,770 healthy humans. Nat Microbiol. 2023 May;8(5):973-985.