Presentato a Roma lo scorso 29 novembre, il 4° Italian Barometer Obesity Report ha riacceso l’attenzione su una situazione grave e non più rinviabile: con oltre il 46% degli adulti e il 26,3% tra bambini e adolescenti in eccesso di peso e una percentuale di obesi al 12%, l’obesità necessita oggi di soluzioni concrete e disponibili per l’intera popolazione, del superamento di uno stigma ancora presente e di un approccio multidisciplinare che guardi al paziente in modo olistico

L’obesità rappresenta nel nostro Paese una sfida irrisolta di salute pubblica. Basti pensare che 1 adulto su 2 e quasi 1 bambino su 3 è in eccesso di peso e l’obesità si attesta a livello nazionale al 12%, andando a coinvolgere oltre 6 milioni di connazionali, con una incidenza nettamente superiore nel Sud e nelle Isole. Un numero destinato ad incrementare in assenza di un intervento tempestivo e radicale.

È questo il quadro preoccupante emerso dal 4° Italian Barometer Obesity Report, realizzato da IBDO Foundation in collaborazione con Istat, Coresearch e Bhave e con il contributo non condizionato di Novo Nordisk nell’ambito del progetto Driving Change in Obesity e presentato a Roma lo scorso 29 novembre.

Alcuni dati emersi dal rapporto

In Italia sono più di 25 milioni i soggetti in sovrappeso, pari al 26% degli adulti e, ancor più preoccupante, il 26,3% di bambini e adolescenti di età compresa tra 3 e 17 anni. Sia per gli adulti sia tra i più giovani emerge chiaramente una maggiore incidenza nel sesso maschile. Ancora più significative sono tuttavia le differenze di carattere territoriale, che mostrano una prevalenza quasi doppia al Sud e nelle Isole rispetto alle regioni del Nord, anche per quanto riguarda bambini e adolescenti: basti pensare che il 31,9% di coloro che vivono nel Meridione presentano eccesso di peso a fronte del 18,9% dei residenti nel Nord-Ovest. Una disparità questa che si replica anche tra gli adulti.

«L’obesità è una sfida irrisolta di salute pubblica, che colpisce e condiziona la vita di troppe persone, i problemi di salute correlati si riflettono quotidianamente sulla qualità di vita, sui casi di assenteismo dal lavoro, sulla produttività, impattando sui bilanci economici delle famiglie e della spesa pubblica e sanitaria» ha spiegato Paolo Sbraccia, Vicepresidente IBDO Foundation e Professore Ordinario di Medicina Interna dell’Università di Roma “Tor Vergata”.

L’obesità è difatti una malattia multifattoriale cui concorrono fattori sia genetici sia ambientali che favorisce l’insorgenza di altre malattie. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che circa il 58% dei casi di diabete mellito di tipo 2, il 21% delle malattie coronariche e quote comprese tra l’8 ed il 42% di alcuni tipi di cancro siano attribuibili all’obesità. Senza contare problemi artrosici, depressione, infertilità, apnee notturne.

In questo modo l’obesità contribuisce in modo significativo allo sviluppo delle malattie non trasmissibili causa, nel nostro Paese, del 92% di decessi e dell’85% di anni persi per disabilità. Non a caso un obeso riduce di circa 10 anni la propria aspettativa di vita, trascorrendone peraltro quasi 20 in condizioni di disabilità, con un aggravio sociale, sanitario ed economico che rischia di diventare insostenibile per il nostro SSN.

Necessaria una presa di coscienza

In molti contesti tuttavia ci si scontra con una percezione errata che stenta a far riconoscere la malattia: l’11,1% degli adulti con obesità e il 54,6% degli adulti in sovrappeso ritiene di essere normo peso, e oltre il 40% di genitori di minori sovrappeso o obesi reputa i propri figli in pesoforma, rischiando con questo atteggiamento di favorire l’insorgenza di importanti complicanze.

L’importanza di promuovere stili di vita e alimentari sani

L’obesità è una malattia multifattoriale in cui cibo e attività fisica giocano un ruolo cardine. Per questo è importante insegnare e promuovere stili di vita e alimentazione sana sin dalla tenera età. «Tuttavia, ad oggi il 33,7% della popolazione adulta, pari a quasi 20 milioni di persone, non pratica né sport né attività fisica, con importanti differenze di genere (il 36,9% delle donne contro il 30,3% degli uomini) – ha evidenziato Roberta Crialesi, Dirigente Servizio Sistema integrato salute, assistenza, previdenza e giustizia, Istat, la quale ha proseguito – Tra i bambini poco attivi, il 59,1% delle madri ritiene che il proprio figlio svolga sufficiente attività fisica. Lo stesso accade per quanto riguarda l’alimentazione dove solo il 18% della popolazione adulta dichiara di consumare 4 o più porzioni di frutta e, o verdura al giorno, e tra le madri di bambini in sovrappeso o obesi, il 69,9% pensa che la quantità di cibo assunta dal proprio figlio non sia eccessiva».

La necessità di un approccio olistico

«La prevenzione e gli interventi mirati su alimentazione e sport sono importanti nella più ampia lotta all’obesità, ma oltre a questo si ha la necessità di un approccio olistico multidisciplinare per garantire un sostegno completo ed efficace. È, altresì, importante combattere lo stigma sociale legato all’obesità per far sì che la stessa venga considerata da tutti: Governi, Sistemi sanitari e delle medesime persone con obesità – come già fatto dalla comunità scientifica – una malattia cronica che richiede una gestione di lungo termine, e non più una responsabilità del singolo» ha sottolineato Antonio Nicolucci, Direttore di Coresearch.

Il report ha inoltre evidenziato una correlazione forte tra obesità, aree svantaggiate e condizioni economiche più difficili. «Come questo report ci dimostra, l’obesità riflette e si accompagna a un tema più vasto, quello legato alle disuguaglianze, innestandosi in un vero e proprio circolo vizioso che coinvolge gli individui e i nuclei familiari che vivono in condizioni socioeconomiche e educative svantaggiate. Appare miope non affrontare l’obesità come malattia e priorità nazionale perché questo negare la natura stessa confinandola tra le condizioni e le colpe individuali, non fa altro che aggravare il quadro economico, sociale e clinico», ha aggiunto l’Onorevole Roberto Pella, Presidente dell’Intergruppo Parlamentare “Obesità e Diabete” e Vicepresidente vicario ANCI.

«Auspichiamo che dare “voce” autorevole ai numeri dell’obesità nel nostro Paese, possa contribuire ad alimentare il dibattito istituzionale sulla necessità di programmare interventi mirati in termini di prevenzione e cura, è essenziale individuare un disegno strategico comune teso a promuovere interventi basati sull’unitarietà di approccio, centrati sulla persona con obesità e orientati verso una migliore organizzazione dei servizi e presa in carico, verso una piena responsabilizzazione di tutti i soggetti coinvolti nell’assistenza, nella cura e nei trattamenti – ha proseguito la Senatrice Daniela Sbrollini, Presidente Intergruppo parlamentare Obesità e Diabete – La XIX Legislatura, da poco iniziata, dovrà saper valorizzare quanto ottenuto in precedenza e dare concretezza a quel “patto di legislatura” sottoscritto insieme che declina sei obiettivi da perseguire:

  • lotta allo stigma clinico e istituzionale;
  • riconoscimento dell’obesità come malattia cronica;
  • redazione delle linee guida per l’obesità; garanzia di pieno accesso alle cure e ai trattamenti farmacologici per la persona con obesità;
  • realizzazione delle reti regionali di assistenza per l’obesità;
  • focus particolare su obesità infanto-giovanile e di genere».