Terapie complementari, come la Mindfulness o l’Atc, in associazione a terapia farmacologica tradizionale sono in grado di apportare benefici nell’approccio e gestione dell’emicrania: potenziano l’efficacia della terapia stessa, favoriscono la consapevolezza del paziente riguardo la propria malattia, aiutano nel controllo del dolore.

Se ne è parlato al Convegno “Tutta cuore e Cervello. Emicrania e differenze di genere”, organizzato a Milano (20 Aprile 2023) dalla Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta, con il patrocinio di SIN (Società Italiana di neurologia), Fondazione Onda (Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere) e Al.Ce. (Alleanza Cefalagici).

Emicrania, malattia psicosociale

Sono sempre maggiori le evidenze, anche da studi di letteratura, dell’efficacia di modelli psicosociale nella gestione dell’emicrania. Patologia in cui interagiscono componenti biologiche, tipiche della malattia, ma anche fattori psicologici e psicoemotivi. «Questi ultimi sono aspetti importanti nel paziente emicranico – spiega la dottoressa Licia Grazzi, Neurologa, SC Neurologia III Neuroalgologia del Besta – che spesso possono determinare l’evoluzione da una forma emicranica episodica a cronica: la mancata risposta a un trattamento e dunque delle aspettative del paziente, l’innesco successivo di reazioni a catene con un sensibile impatto in termini di aumentata disabilità, incapacità a sostenere una vita regolare, peggioramento della qualità di vita e incremento del burden di malattia.

Anche i fattori sociali sono importanti: il lavoro, l’attività fisica specie nei giovani pazienti, che spesso è trascurata, sono variabili importanti e che vanno tenuti in conto nell’approccio terapeutico all’emicrania». Un recente lavoro su JAMA Psychiatric (Association Between Physical Activity and Risk of Depression: A Systematic Review and Meta-analysis”) dimostra come l’adolescente abituato a svolgere attività fisica regolare, anche moderata, può evitare di sviluppare depressione, ansia importante: eventi che è possibile prevenire anche con una corretta educazione alimentare; è noto infatti che il digiuno o saltare i pasti sono “indicatori” per un possibile attacco emicranico. Un corretto stile di vita favorisce la drastica riduzione di terapie farmacologiche, la cui efficacia può essere supportata da terapie comportamentali.

Le terapie comportamentali

Sono terapie non farmacologiche che possono aiutare il paziente a essere più consapevole della propria malattia e più partecipe del processo di cura. «Il paziente – prosegue la dottoressa – lavora per imparare a gestire il dolore, i trigger, la serie di fenomeni che facilitano l’insorgenza degli attacchi, a modificare il loro arousal, ovvero lo stato eccessivo di eccitazione. Questi cliché comportamentali sono applicabili, oltre che all’emicrania, anche a stati di dolore neuropatico, cronico, facciale e così via». Fanno parte delle terapie comportamentali la mindfulness e l’ACT (Acceptancy Committment Therapy)

La Mindfulness

Pratica di meditazione e consapevolezza antica è stata ricuperata in America intorno agli anni ’70 mettendo in evidenza risvolti clinici e terapeutici interessanti sul paziente in termini di gestione di ansia e depressione; molti programmi di terapia e dolore cronico in America oggi associano la terapia farmacologica alla Mindfulness.

«Essa educa a imparare a essere dove si è, a sfruttare ciò di cui si dispone, senza sviluppare o andare verso un atteggiamento di giudizio verso se stessi e gli altri. Indirettamente – continua Grazzi – va a lavorare sulla riduzione di tutti i pensieri intrusivi che arrivano alla mente, insegnando alla persona a diventare osservatore del flusso dei pensieri. Il lavorio mentale ha elevati costi sia di energia fisica sia psichica: per esser performanti oggi occorre avete una mente pronta, multitasking; è necessario fare in modo che la mente per qualche attimo di possa “spegnere”».

Al Besta è in corso un progetto di ricerca finalizzata, iniziato nel 2018-2019, su circa 170 pazienti con emicrania cronica, in overuse di farmaci analgesici, sottoposti a disintossicazione, arruolati per ricevere o solo terapia farmacologica di profilassi (terapie tradizionali, non anticorpi monoclonali), o terapia farmacologica tradizionale e Mindfulness: i pazienti in terapia comportamentale hanno mostrato un miglioramento più sostenuto e a lungo termine.

ACT, Acceptancy Committment Therapy

Insegna l’accettazione “attiva”; il paziente è coinvolto in un processo di accoglimento positivo della propria condizione di malattia i cui benefici si ripercuotono anche sulla maggiore efficacia della terapia farmacologica e migliore/maggiore aderenza terapeutica. «Spesso l’aderenza è scarsa – aggiunge la neurologa – perché i pazienti non accettano che per stare meglio occorrono tempo e pazienza. La ACT lavora affinché si ridimensioni la componente sofferenza al fine di una migliore gestione del dolore: sono in corso progetti di ricerca finalizzata per dimostrare l’evidenza, derivante da questi approcci, di cambiamenti a livello della mente, nei circuiti cerebrali adepti al dolore, nel paziente giovane, adolescente e adulto, imparando proprio a sfruttare le risorse interiori di cui ciascuno dispone. Tale approccio è indicato anche nei giovani, non è in antitesi con le terapie farmacologiche e aiuta a identificare i pazienti che possono meglio beneficiare da un trattamento terapeutico piuttosto che da un altro».

Le app

Durante il lockdown, presso il Besta, sono stati strutturati programmi di terapia per adulti e adolescenti che hanno fatto ricorso anche a strumenti digitali: grazie alla collaborazione con l’Università Milano Bicocca è stata sviluppata una app, data tutt’ora in dotazione ai pazienti e che possono utilizzare anche per lavorare sulla pratica in maniera autonoma e per fare sedute a distanza. Ci si propone di istituzionalizzare questi servizi anche per pazienti con altre patologie. «Vogliamo invitare i nostri pazienti – conclude Grazzi – a coltivare ciò che c’è dentro di loro, ovvero attraverso un “locus of control interno” il imparando ad utilizzare le proprie risorse a vantaggio di un controllo degli eventi e di una migliore safety emozione e fisica, le due indissolubili».

Bibliografia

  • Pearce M, Garcia L, Abbas A, Strain T, Schuch FB, Golubic R, Kelly P, Khan S, Utukuri M, Laird Y, Mok A, Smith A, Tainio M, Brage S, Woodcock J. Association Between Physical Activity and Risk of Depression: A Systematic Review and Meta-analysis. JAMA Psychiatry. 2022 Jun 1;79(6):550-559.