Il tema della sanità è oggi centrale. A livello nazionale e internazionale è sempre maggiore l’attenzione alla prevenzione, in particolare in un Paese come l’Italia in cui si assiste al progressivo invecchiamento della popolazione: per ogni ragazzo under15, ci sono 5,4 over65. Altresì, nel corso degli ultimi 20 anni il numero di ultracentenari è triplicato, e le previsioni profilano un trend di ulteriore crescita: nel 2041, la quota di ultra ottantenni supererà i 6 milioni e quello di ultra novantenni, 1,4 milioni.

Se, da una parte, questa situazione evidenzia i successi della sanità pubblica, dall’altra, implica un numero sempre crescente di patologie croniche non trasmissibili, patologie che hanno ripercussioni gravi sia in termini sanitari sia dal punto di vista sociale ed economico. Al crescere dell’età, aumentano, infatti, comorbidità e grado di invalidità, e necessità assistenziali complesse. 

Nel corso dell’incontro promosso dal network Fare Sanità100 anni di malattia: la necessità dell’invecchiamento in salute per la tenuta del SSN”, ospitato presso il MoMec lo scorso 11 aprile a Roma – che ha visto il confronto del mondo scientifico, politico ed economico – è stato da più parti evidenziato che per far fronte alle necessità legate all’invecchiamento della popolazione, in salute, e per garantire la tenuta del SSN, occorre puntare sulla prevenzione. 

Sviluppare buone pratiche per l’invecchiamento in salute

In Italia, «nei prossimi decenni, il numero di anziani disabili e, quindi, non autosufficienti, è destinato ad aumentare in misura significativa, con importanti ripercussioni sulla richiesta di servizi di cura e sui costi sociali ed economici connessi alla necessità di fornire cure di lungo termineha sostenuto il Professore Dario Leosco Università di Napoli Federico II e presidente eletto della SIGG Società Italiana di Gerontologia e Geriatria –  Ci stiamo adoperando in collaborazione ai principali stakeholder per sviluppare un modello di interventi o ‘buone pratiche’ per la promozione dell’invecchiamento in salute. Tra le principali iniziative spicca la spinta culturale, educazionale e divulgativa rivolta alla prevenzione, buoni stili di vita e rispetto del Piano Nazionale Vaccini».

Costruire comunità ‘age-friendly’

«L’invecchiamento non deve più essere visto come un momento di declino e isolamento – ha sottolineato l’onorevole Paolo Ciani, Segretario della XII Commissione Affari Sociali alla Camera dei Deputati – ma come una fase della vita in cui è possibile mantenere un ruolo attivo nella società prevenendo situazioni di isolamento e marginalizzazione».

In questo nuovo scenario diventa quindi centrale mettere in campo politiche per la terza età che non devono considerare solo gli aspetti sanitari e assistenziali legati a questo target.

E proprio in questa direzione va l’idea di «costruire comunità “age-friendly” che pongano attenzione all’ambiente fisico e sociale e a quei fattori che possono facilitare o ostacolare la possibilità per gli anziani di partecipare alla vita sociale», ha enfatizzato Maria Teresa Menzano, del Ministero della Salute.

Un necessario cambio di prospettiva: prevenzione già dai primi 1.000 giorni

Per promuovere un invecchiamento sano e attivo occorre coinvolgere diversi aspetti che vanno dall’urbanistica – con la progettazione di aree verdi e la rimozione delle barriere architettoniche – al mondo del volontariato, dal ruolo della comunicazione ad azioni di sensibilizzazione.

«Altrettanto importante è saper guidare un cambiamento di prospettiva – ha proseguito Menzano – La prevenzione deve durare tutta la vita ed iniziare già a partire dai primi 1.000 giorni, cioè nel periodo che intercorre tra il concepimento e i primi due anni di vita del bambino. Un arco temporale decisivo per gettare le basi della salute degli individui, i cui effetti dureranno tutta la vita e si rifletteranno anche sulle generazioni successive e sulla comunità intera».

Verso modelli di salute di iniziativa

«Siamo dunque convinti che i continui cambiamenti epidemiologici, demografici, devono costringere le organizzazioni sanitarie verso l’adozione concreta di un modello di salute di iniziativa, proattivo e di prossimità, tale da garantire alla persona soprattutto se anziano e anche fragile, interventi adeguati e differenziati in rapporto al livello di rischio – ha concluso infine Marinella D’Innocenzo, Presidente L’Altra Sanità –  È necessaria una concreta rivisitazione della risposta sociosanitaria che dev’essere differenziata in base alla tipologia di bisogno. Un modello di vita e di abitare, come approdo naturale della senescenza, basato sulla dimora naturale che faciliti il percorso di vita alla persona che invecchia, garantendo nell’integrazione con i servizi sociosanitari un continuum della vita indipendente verso la vita assistita, in un modello di welfare diffuso ispirato all’intensità di cura applicata alla domiciliarità».