Psilocybe, il fungo psichedelico

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Psilocybe

Appartenente alla famiglia delle Strophariaceae il fungo, grazie al contenuto in psilocibina, potrebbe avere effetti positivi su alcune dipendenze e sulle gravi depressioni dei malati terminali

Lo Psilocybe cubensis è un fungo della famiglia delle Strophariaceae, conosciuto dalle popolazioni americane del Messico come San Isidro. Contiene gli alcaloidi psilocibina e psilocina. Alcuni prestigiosi centri di ricerca americani e inglesi (tra cui la New York University e l’Imperial college Londra) hanno studiato l’azione di questo fungo. Dagli studi, è emerso che contiene sostanze simili all’LSD (dietilammina dell’acido lisergico), con effetti positivi sulle dipendenze da alcool, da fumo, da psicofarmaci e da droghe, ma anche sulle gravi depressioni dei malati terminali. Secondo tali studi, sarebbe sufficiente una dose di circa 10 mg di psilocibina (principale alcaloide e principio attivo dello Psilocybe, avente una formula di struttura simile all’LSD), per resettare il cervello e renderlo libero da depressione e dipendenza per molti mesi.

Psilocybe

Azione sui recettori della serotonina

I ricercatori inglesi nel 2017 hanno accertato con la RMN funzionale (Risonanza – Magnetica-Nucleare), attraverso la quale si potevano osservare i flussi sanguigni nel cervello dei depressi, che la psilocibina dirottava questi flussi sanguigni da zone del cervello iperattive, spegnendole, verso altre zone del cervello con scarso flusso (ipoflusso) di sangue, quindi in zone quasi spente, come amigdala, ippocampo, corteccia, cingolo etc. Ciò portava a galla emozioni e ricordi sopiti dell’infanzia, attivando mediatori vari e memorie a lungo termine e ricollegando i fili conduttori e la struttura delle proprie personalità, rendendo così la volontà e la coscienza più forti e strutturate. Tutto ciò sembra dovuto all’attività della psilocibina, la quale va a occupare i recettori della serotonina: non quelli di tipo 1°, i più conosciuti, dove agiscono tutti gli antidepressivi, ma quelli di tipo 2°, meno conosciuti.

La psilocibina, dunque, accendendo tali recettori, va ad attivare, per molto tempo i circuiti neuronali connessi ai centri del piacere, come le endorfine, creando nel soggetto uno stato di persistente benessere. Per questo motivo, lo Psilocybe potrebbe trovare applicazione nelle cure palliative dei malati terminali, nelle tossicodipendenze e nelle forti depressioni. Altri studi americani, risalenti al 2017, hanno confermato che è sufficiente una sola dose da 10 mg di psilocibina, per eliminare per alcuni mesi la depressione in pazienti terminali.