Essere in buona forma fisica fin dalla più giovare età. Sarebbe questa una strategia per offrire maggior salute mentale in età adulta e avanzata, favorendo un declino cognitivo più lento. Sono le conclusioni di alcuni ricercatori australiani dell’Università di Melbourne in collaborazione con l’Università di Tasmania in Australia (Longitudinal associations of childhood fitness and obesity profiles with midlife cognitive function: an Australian cohort study”), pubblicate sul Journal of Science and Medicine in Sport, dopo un lungo e attento monitoraggio di una vasta fascia di popolazione.

Background

All’incirca 1200 persone, di cui 53% donne seguite per mediamente 30 anni. Sono parametri importanti che hanno consentito di arrivare a una evidenza che non lascerebbe dubbi: l’esistenza di un legame significativo tra forma fisica da giovani e miglior stato cognitivo nella mezza-avanzata età.

Lo studio, di vaste proporzioni, è partito nel 1985, con la randomizzazione di una popolazione giovane afferente allo studio australiano Childhood Determinants of Adult Health, di età tra 7 e 15 anni, valutata all’ingresso per fitness (forma fisica, funzione cardiopolmonare, potenza muscolare, resistenza muscolare) e antropometria (rapporto vita-fianchi) con l’intento di valutare se la forma fisica, compreso essere fisicamente attivi, potesse impattare sulla salute a lungo termine, in quale misura, soprattutto in relazione a malattie che possono incidere considerevolmente in termine di salute pubblica e sul sistema, quali ad esempio le patologie neurodegenerative e psichiche. Particolare attenzione è stata posta ai compositi di velocità psicomotoria-attenzione, memoria di lavoro-apprendimento e cognizione globale valutati utilizzando la batteria computerizzata CogState.

Il lungo monitoraggio ha consentito, più di 30 anni dopo, di rilevare una stretta relazione tra forma fisica e abilità mentali; ovvero coloro che all’inizio dello studio avevano un migliore rapporto vita-fianchi tendevano a ottenere score più elevati nei test cognitivi e su alcune facoltà, tra cui anche la velocità di elaborazione e di attenzione, correlate a migliore acutezza mentale e minor rischio di demenza più avanti nella vita. Rapporto che è rimasto invariato anche dopo normalizzazione per eventuali fattori confondenti come rendimento scolastico, stato sociale ed economico, fumo e consumo di alcol. Non vi sarebbero evidenze invece sulla capacità mnemonica.

Le motivazioni

I ricercatori sono concordi nell’asserire che livelli di fitness elevati aiutano a formare nuovi neuroni, connessioni e vasi sanguigni nel cervello, potendo presumibilmente spiegare l’effetto protettivo osservato nel tempo. Inoltre, sane abitudini acquisite in giovane età/età pediatrica hanno maggiori probabilità di essere mantenute in età adulta; da qui l’indicazione dei ricercatori nel raccomandare che bambini sopra i 6 anni svolgano almeno 60 minuti di attività giornaliera da moderata a vigorosa, come giocare, muoversi e correre, riducendo il tempo passato davanti allo schermo di smartphone e computer.

In linea con le conclusioni di uno studio recente (Effects of Limiting Recreational Screen Media Use on Physical Activity and Sleep in Families With Children: A Cluster Randomized Clinical Trial”), su JAMA Pediatrics, secondo cui i bambini che trascorrevano al massimo 3 ore a settimana davanti allo schermo aumentavano di media di 45 minuti il tempo dedicato all’attività fisica giornaliera rispetto ai coetanei senza limiti di utilizzo di smartphone e computer.

Fonti:

  • Tait JL, Collyer TA, Gall SL, Magnussen CG, Venn AJ, Dwyer T, Fraser BJ, Moran C, Srikanth VK, Callisaya ML. Longitudinal associations of childhood fitness and obesity profiles with midlife cognitive function: an Australian cohort study. J Sci Med Sport. 2022 Aug;25(8):667-672.
  • Pedersen J, Rasmussen MGB, Sørensen SO, Mortensen SR, Olesen LG, Brønd JC, Brage S, Kristensen PL, Grøntved A. Effects of Limiting Recreational Screen Media Use on Physical Activity and Sleep in Families With Children: A Cluster Randomized Clinical Trial. JAMA Pediatr. 2022 Aug 1;176(8):741-749.