Un recente studio australiano (Glycemic index and insulin index after a standard carbohydrate meal consumed with live kombucha: A randomised, placebo-controlled, crossover trial) ha indagato sulle (ulteriori) potenzialità del Kombucha, una bevanda ottenuta dalla fermentazione di tè zuccherato e piante aromatiche leggermente frizzante, da cui è emerso un possibile impatto sul controllo della glicemia. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista internazionale Frontiers in Nutrition.

La bevanda

Di origine orientale, il Kombucha ha innumerevoli proprietĂ , giĂ  riconosciute, correlate alla molteplicitĂ  dei suoi ingredienti: un mix simbiotico di batteri e lieviti, acidi organici, polifenoli, etanolo, aminoacidi, vitamine e oligoelementi con effetti benefici innanzitutto per il microbiota intestinale umano

Tale evidenza ha spinto a valutare altre possibili potenzialitĂ  del Kombucha, anche in relazione al ruolo e alle influenze del microbiota intestinale sulla salute generale, tra quelle di interesse un possibile impatto sul controllo glicemico.

Lo studio

I ricercatori australiani hanno avviato uno studio randomizzato, controllato con placebo, cross-over, su un numero circoscritto di pazienti: undici soggetti adulti sani, da cui, tuttavia, sarebbero emerse “premesse” interessanti.

End-point dello studio era valutare le risposte dell’indice glicemico (GI) e dell’indice insulinico (II) a seguito di un pasto standardizzato ad alto indice glicemico. Prevalentemente a base di riso e accompagnato da diverse bevande come acqua gassata, limonata dietetica, bibita analcolica e, appunto, kombucha non pastorizzato, dove l’acqua gassata ha rappresentato la bevanda di controllo. 

I valori GI o II sono stati calcolati nelle due due ore successive all’assunzione del pasto in termini di risposta prodotta da 50 g di glucosio disciolto in acqua.

A fare la differenza su entrambi gli indici è stata proprio la bevanda kombucha: poche e scarsamente significative le differenze dell’IG o nell’II in caso di pasto standard accompagnato da acqua gassata (GI: 86 e II: 85) o da bevanda analcolica dietetica (GI: 84 e II: 81, (p = 0,929 per GI e p = 0,374 per II).

Importante e clinicamente significativa, invece, è stata la riduzione dei due indici (rispettivamente GI: 68, p = 0,041 e II: 70, p = 0,041) in caso di assunzione di kombucha. 

I dati, dunque, parlerebbero a favore della bevanda fermentata, suggerendone la capacitĂ  potenziale di ridurre l’iperglicemia acuta postprandiale.

Tuttavia, attualmente sono solo ipotesi, non conclusioni definitive. In relazione ad alcuni limiti dello studio, quali le piccole dimensioni del campione di popolazione considerata e la mancanza di un contesto clinico.

Anche la tipologia del kombucha fa la differenza, i benefici/impatti possono variare in funzione delle basi di tè, dei batteri e delle specie di lievito utilizzate come starter o anche le condizioni di fermentazione che possono caratterizzare la diversa composizione finale. 

Saranno pertanto necessari ulteriori studi che indaghino i meccanismi di azione del kombucha e ne confermino i benefici. Sarebbe utile continuare anche in relazione alle evidenze di studi di laboratorio.

Gli studi sperimentali

Studi controllati sugli animali documenterebbero (giĂ ) gli effetti della bevanda, facendo osservare con l’assunzione di kombucha una riduzione dei livelli di glucosio nel sangue, un miglioramento dei profili lipidici e il supporto della funzionalitĂ  pancreatica, renale ed epatica. Ma anche in questo caso i meccanismi d’azione resterebbero da chiarire.

Fonte

Atkinson FS, Cohen M, Lau K et al. Glycemic index and insulin index after a standard carbohydrate meal consumed with live kombucha: A randomised, placebo-controlled, crossover trial. Frontiers in Nutrition, 2023, Sec. Nutrition and Metabolism. Volume 10 – 2023.

Grassi A, Cristani C, Palla M et al. Storage time and temperature affect microbial dynamics of yeasts and acetic acid bacteria in a kombucha beverage. International Journal of Food Microbiology, 2022, Vol. 392, 109934.