Pianta triploide, ovvero con tre copie di cromosomi per cellula, lo zafferano (Crocus sativus L.) non può riprodursi da solo in natura ma deve essere coltivato dall’uomo… e con l’uomo ha stretto un patto di alleanza sin dall’antichità. Questo piccolo crocus si trova già rappresentato in dipinti e papiri egizi, compare all’interno di miti e leggende greche e romane e, andando più indietro nel tempo, viene nominato anche nella Bibbia. Sembra che già nel 2500 a.C esistessero delle ampie coltivazioni di questa spezia che veniva utilizzata a fini medicamentosi, cosmetici, tintori e culinari. Coltivato inizialmente in Medio Oriente, si pensa che lo zafferano si sia quindi diffuso in Asia, Africa Settentrionale e, grazie agli arabi, anche in Europa. Oggi il massimo produttore di C. sativus è l’Iran, che ne detiene circa il 90% delle coltivazioni; il restante 10% viene invece prodotto da India, Grecia, Marocco, Spagna e Italia. Ed è proprio di un team di ricerca iraniano che ha condotto un recente studio randomizzato in doppio cieco pubblicato su “Journal of Herbal Medicine”, che presenta lo zafferano come possibile terapia di sostegno al trattamento della colite ulcerosa (CU), malattia infiammatoria cronica intestinale (MICI) che interessa principalmente la mucosa del retto.
Similmente ad altre MICI, anche la colite ulcerosa si caratterizza per acutizzazioni seguite da remissioni della sintomatologia, che presenta diarrea, spesso con sangue e muco, urgenza defecatoria, dolori addominali e tenetismo rettale. Il razionale dello studio si basa sulle proprietà anti-infiammatorie e anti-ossidative dello zafferano, già definito da Avicenna (980-1037 d.C.) nel suo “Canone di Medicina” come “antidepressivo, antinfiammatorio, epatoprotettivo, broncodilatatore e afrodisiaco”, che è ricco in vitamine (A, C, B1, B2, B3, B6), folati, minerali (potassio, magnesio, fosforo, sodio, calcio, manganese, ferro, zinco, rame e selenio), carotenoidi, oli essenziali e fibre. 80 i pazienti inseriti nello studio, tutti con CU da lieve a moderata: 40 assegnati al gruppo di studio, che ha assunto 100 mg di integratore al giorno, e 40 al gruppo di controllo, che ha invece assunto 100 mg di maltodestrina come placebo. Il trattamento è durato per tutti 8 settimane, alla fine delle quali gli autori sono andati a cercare marker di infiammazione nel plasma, oltre a verificare la qualità di vita dei soggetti.
I risultati confermano le proprietà dello zafferano: nel gruppo di studio, infatti, l’assunzione dell’integratore ha permesso di ridurre sensibilmente i livelli di fattore di necrosi tumorale α (TNF-α) e proteina C-reattiva ad alta sensibilità (hs-CRP), entrambi marker infiammatori, e nel contempo di aumentare i livelli di interleuchina 10 (IL-10) che ha il compito di evitare che il corpo dia un risposta infiammatoria eccessiva. Nessuna differenza è stata invece rilevata per l’interleuchina 7 (IL-7) e la velocità di sedimentazione degli eritrociti (VES). Sembra, infine, che il gruppo di studio abbia sperimentato un miglioramento nella qualità della vita, anche se non statisticamente significativo. In ogni caso, lo zafferano in qualche modo riesce a interferire con il processo infiammatorio in corso. Ulteriori studi potrebbero confermare questi esiti, magari su un campione più grande e con un periodo di somministrazione più lungo. Ovviamente, essendo un integratore, lo zafferano dovrebbe essere utilizzato dai soggetti con CU lieve e moderata in associazione ai farmaci convenzionali già utilizzati.
Studio:
Azadeh Heydarian, Amir Hossein Faghihi Kashani, Mohsen Masoodi, Naheed Aryaeian, Mohammadreza Vafa, Negin Tahvilian, Agha Fatemeh Hosseini, Soudabeh Fallah, Nariman Moradi, Farnaz Farsi. Effects of saffron supplementation on serum inflammatory markers and quality of life in patients with ulcerative colitis: A double blind randomized controlled clinical trial. Journal of Herbal Medicine, Volume 36, 2022, 100593, ISSN 2210-8033. https://doi.org/10.1016/j.hermed.2022.100593.